Se avete materiale che a vostro giudizio, può interessare il blog
e non c'è altro mezzo, per poterlo utilizzare, che quello di acquistarlo,
siamo disposti anche a farlo
contattate
dersu54.g@gmail.com


Si accettano donazioni, scannerizzazioni o registrazioni

sabato 14 novembre 2009

(1945) - HIROSHIMA 6 agosto

.

"Quel lunedì mattina la fresca brezza proveniente dal mare dà la scalata alle montagne di Hiroshima, convogliando al suo passaggio le nebbie e scacciandole verso occidente.   Oggi avremo un tempo splendido!, pensa la gente che indugia pigramente nelle vie prima di recarsi al lavoro.    Quand'ecco, a un tratto, la sirena degli allarmi aerei fa sentire i suoi ululati; ma nessuno si muove.   Alcuni passanti scrutano l'orizzonte dalla parte del mare, cercando di scoprire gli aeroplani in arrivo, ma lo fanno per puro automatismo, tanto, si sa, quelli passeranno sulla città senza prenderla in considerazione.   Questa volta si tratta di un solo B-29, e a nessuno balena alla mente l'idea che Hiroshima possa conoscere il suo primo bombardamento, dopo essere stata volutamente dimenticata nelle incursioni degli Americani.   La censura militare - attiva e sospettosa -  non lascia stampare neppure una riga di informazioni obiettive per il pubblico, sicché in quell'inizio di agosto del 1945 il Giappone vive in una ingannevole euforia.   La distruzione delle grandi città - Tokyo, Yokohama, Osaka, ecc. - per opera dei bombardieri americani non conta nulla a petto delle fanfaronate che i giornali son costretti a pubblicare, ubriacando ottanta milioni di persone.
In questa stagione il sole diventa presto insopportabile.   Sono esattamente le otto e quindici, quando si scatena la prima tragedia atomica del mondo, che consta di alcuni atti, brevissimi, violentissimi, per i quali il Pentagono ha mobilitato il sole, il tuono, la pioggia e il fuoco.
La pika - parola che in giapponese significa «luce» - è il nome che le genti di Hiroshima daranno al mostro calato dal cielo sopra di loro.   Talvolta vi aggiungono la parolina don, che vuol dire «rumore».   I testimoni di «quel giorno», riunendo i loro ricordi, finiscono per dare alla bomba atomica una personalità fisica.   La confondono con una delle loro divinità che agirebbe come un attore cosmico, distribuendo rovine in pochi secondi.
Prima un lampo bianco.   Si direbbe il sole che scoppia.   Esso accieca di colpo trecentomila persone, riempiendo il cielo con tale intensità che case, colline, strade e ombre spariscono immediatamente.   Negli occhi abbagliati non resta che una luce divorante.   Istintivamente le persone stendono avanti le mani e cominciano a tastoni la loro marcia verso la sofferenza.   I primi passi dell'umanità nell'ora zero dell'era atomica hanno inizio in un caos biancastro dove non esiste più una linea, una massa, un contorno netto. [...] Un decimillesimo di secondo: ecco quanto è durato il primo atto.
Poi, portato da onde invisibili, un calore intollerabile che ricopre, rinserra e torce tutta la città.   Gli abitanti ne ricevono le carezze e gli schiaffi sul viso, sul corpo; e più di 50.000 persone ne serberanno le tracce in ustioni che saranno chiamate «gli artigli del diavolo».
Quelli che si trovano nei pressi dell'ipocentro vengono carbonizzati sull'istante.   Piombando sulla città il calore, valutato a diecimila gradi nel momento in cui sgorga dalla bomba, forma un gigantesco cono, la cui punta si trova a cinquanta, sessanta metri di altezza, mentre il diametro della base supera i 1200 metri.   Questo cono di calore ruota intorno ad un asse invisibile, e con siffatto movimento asperse la città creando risucchi di aria che l'attraversano in ogni direzione.
Bisogna trovarsi a quaranta o cinquanta chilometri da questo mondo in gestazione per sentirne le deflagrazioni.   Quasi nessuno riesce a definire il rumore dell'esplosione, che è rotolato sul suolo come quello di un tuono alla millesima potenza.   In pari tempo ha reso sorde quasi tutte le persone.   Dopo alcune ore l'udito è ritornato, e il profondo silenzio in cui vagavano migliaia di uomini si è dissipato a poco a poco. [...]
Immediatamente dopo l'esplosione della bomba si scatena su Hiroshima un vento disordinato che butta a terra di colpo trecentomila abitanti e strappa loro di dosso i vestiti, mentre una pioggia di vetri e di schegge di bambù li asperge.   I corpi nudi sono crivellati dalla polvere che il vento spinge con tal violenza da trasformarla, si direbbe, in scariche di pallini da caccia. [..] Le masse di polvere (turbinando) si scontrano tra loro, mescolando miliardi e miliardi di particelle radioattive.   Poi un aspiratore situato in qualche punto del cielo succhia le tenebre e le fa montare verso lo zenith a una velocità folle, trasformandole in un fungo che da quel giorno l'umanità considera come il simbolo della morte atomica.[...] Il fumo degli incendi e i venti che lo ributtano sulle rovine creano un nuovo mondo in cui si agitano creature disperate che non sanno più dove fuggire.   Il calore dissecca le gole, apre la pelle, fa scoppiare i bronchi.   Quelli che possono farlo si gettano nei bacini d'acqua, nelle piscine, o in uno dei cinque bracci del fiume Otha.
Si spruzzano d'acqua la testa, le braccia, il petto e si avventano in cento dentro vasche fatte per dieci persone, vi si schiacciano, vi annegano.
[...] cominciano a cadere goccioloni di pioggia, pesantemente, lasciando dappertutto il disegno dei loro contorni.   Son goccioloni neri che nella loro caduta trascinano polvere, cenere e fuliggine.   Non appena toccano il suolo, si evaporano.   Credendo a un miracolo, gli abitanti volgono gli occhi al cielo dove sembra che gli dèi protettori abbiano ripreso il proprio posto.   Essi li implorano, e si preparano a ringraziarli per quella pioggia che li salverà.   Ma invano.   La salvezza non viene dall'alto.   Non viene da nessuna parte.   Quei cinque minuti di pioggia che annaffia alcuni quartieri della città sono invece i più micidiali di tutti.
Infatti ogni goccia nata in cima al fungo atomico porta con sé elementi radioattivi che danno alla catastrofe di Hiroshima il suo colore apocalittico.
L'agonia della città comincia venti minuti dopo l'esplosione della bomba. [...] Ed ecco venuto per queste genti il tempo di recitare la loro parte di uomini.   Alla forza brutale della pika essi oppongono fin da questo momento la loro volontà di vivere. [...] Più di 200.000 fra essi non la troveranno mai, né quel giorno, né dopo, e novemila superstiti la stanno cercando ancor oggi invano."

Fernand Gigon 
(L'apocalisse dell'atomo - Centro Internazionale del libro; Firenze 14 luglio 1958)





1 commento:

  1. Il crimine di guerra più spaventoso della storia. Fu deciso di uccidere bruciandoli vivi, 200.000 persone innocenti e centinaia di migliaia i morti nei mesi successivi. Un crimine neanche lontanamente paragonabile ai crimini di guerra dei tedeschi. Un crimine giustificato nella coscenza collettiva solo da ciò che a posteriori verrà raccontato, dal Processo di Norimberga in poi, la grande liturgia che dura tutt'ora. Mentre i fatti storici andrebbero giudicati in sè stessi e i fatti dicono chiaramente che gli americani furono capaci del peggio. Infine non tutti sanno che Hiroshima e Nagasaky erano le uniche due città con un vescovo cattolico.

    RispondiElimina