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sabato 2 luglio 2011

(1963) Gli Urlatori Francesi

L'urlo dello sceriffo




Mascherati da cow-boys, da detectives, da astronauti,   
gli urlatori francesi hanno conquistato il mercato della canzone



Arrivano a bordo delle loro fuoriserie, trafelati, pallidi, magari dopo ore e ore di strada, da una città all'altra della Francia, se sono in "tournée", il piede premuto sull'acceleratore, avendo dormito in un ritaglio di tempo, entrando nei teatri alla testa dei loro complessi vocali e orchestrali, con tamburi, chitarre elettriche di nichel, madreperla e materia plastica, microfoni, amplificatori, sonorizzatori e altri arnesi di tutta un'officina elettronica complessa.
Salgono sul palcoscenico, cantano e si torcono come vermi perdendo un paio di chili per sera in gocce di sudore, ma più che cantare urlano a una platea di turbolenti che, se va bene, s'arrampicano in scena, s'avventano sull'urlatore e gli strappano la cravatta, le bretelle; se va male gli lanciano contro quel che trovano a portata di mano, a cominciare dai sedili delle poltrone, demoliscono la sua fuoriserie parcheggiata all'ingresso, feriscono lui e i suoi orchestrali, sfasciano l'impianto elettronico, oppure abusano di qualche spettatrice com'è accaduto nella terribile notte del 21 giugno 1963, quando 150.000 minorenni, accorsi in Place de la Nation per ascoltare e vedere gli idoli del "rock", del "twist" e del "madison", misero a sacco le vetrine del negozi attorno alla piazza, spaccarono i vetri delle automobili in parcheggio, sfondarono e rovinarono dei platani su cui erano saliti per vedere meglio: la vita degli urlatori, quella d'un Johnny Hallyday e di un Moustique di una Sheila o d'un Claude Francois, è una vita da cani.
[...]
Questi giovanissimi hanno creato uno stile e una filosofia qualunquistiche, un certo modo di vivere tra "copains", e questa mentalità ha i suoi bisogni da soddisfare. Gli asccoltatori di "rock" e di "twist" stanno diventando una speculazione. Essi formano oggi una massa di milioni di acquirenti con un potere d'acquisto non trascurabile, che pagano in contanti e non discutono il prezzo. Comprano non soltanto dischi, ma anche abiti d'un certo tipo, cosmetici d'un certo tipo e moltissime chitarre elettriche, 500 mila l'anno scorso.
[...]
Nei grandi magazzini di Parigi ci sono dei nuovi reparti di vendita riservati ai minorenni. È un mondo puerile, maniaco, feticista. In Francia si è cominciato a smerciare tutta una cianfrusaglia di oggetti e di indumenti a poco prezzo ma su scala vastissima. Si vendono saponette che hanno la forma della mano di Hallyday, cravatte nere a fiocco modello Hallyday, "blue jeans" uguali a quelli che lui porta, tempera matite con l'immagine dell'urlatore in smalto colorato e i suoi ritratti su quadratini di tela cerata da cucire sul di dietro dei pantaloni, oppure gonnellini scozzesi alla Sheila, camicie "salut les copains" con sassofono stampigliato sul petto, collanine e collari con medagliette in similoro con sopra incise la faccia di Francoise Hardy. È un mercato famelico e ingenuo, il mercato d'una generazione che ha rotto i ponti con quelle immediatamente precedenti.
La rivoluzione è stata totale e la lotta breve, inconsciamente crudele.
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Giancarlo Marmori
("L'Espresso" - 1 dicembre 1963)

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