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In più di un'occasione rischiammo di non poter andare in scena. Il debutto di Aveva due pistole, spettacolo che trattava della connivenza fra fascismo e borghesia, tra malavita organizzata e potere, venne bloccato da un intervento pesantissimo della censura che ci massacrò letteralmente il testo. Decidemmo di andare in scena egualmente senza tenere in alcun conto i tagli. Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e la prefettura di Milano che ci minacciò di arresto immediato, ma alla fine, preoccupato dello scandalo che ne sarebbe venuto, il Ministero tolse i tagli. Il copione degli Arcangeli ci fu sequestrato per le troppe battute a soggetto che avevamo aggiunto (non autorizzati) nello spettacolo. Per quel testo collezionammo "rapporti al questore" di ogni città dove si lavorava, per un totale di 280, tante quante furono le repliche. Io fui denunciata per una battuta contro i militari nello spettacolo su Cristoforo Colombo. Sempre durante le repliche del Colombo, fummo aggrediti dai fascisti all'uscita del teatro Valle a Roma e, stranamente, la polizia di servizio, in quell'occasione, era sparita. Dario venne addirittura sfidato a duello da un ufficiale dell'esercito d'artiglieria a cavallo, per battute offensive all'onore dell'esercito italiano, e da quel pazzo che è sempre stato accettò la "tenzone", a patto che il duello si svolgesse a piedi nudi, in un incontro di box tailandese, di cui si vantava campione regionale. L'ufficiale di artiglieria ippotrainata non si fece più vedere. Ma, a parte le storielle amene, pur lavorando nel "teatro ufficiale", i guai e le difficoltà ci piovevano addosso a valanga, i reazionari e i conservatori non riuscivano a digerire certe "violenze satiriche" dei testi che rappresentavamo. [...]
Sempre di più il nostro teatro diventava provocatorio, non lasciava nessuno spazio al teatro "digestivo", i reazionari si imbestialivano, in più di un'occasione scoppiavano risse tra gli spettatori, i fascisti tentavano di far nascere risse in platea. Il questore di Siena fece prelevare Dario al termine di una rappresentazione da due carabinieri, perchè aveva offeso un capo di Stato (Johnson) nella Signora è da buttare. Si potevano fare critiche di ogni genere al nostro teatro, ma bisogna ammettere che il nostro era un teatro vivo, dove si parlava di "fatti" di cui la gente aveva bisogno di sentir parlare. Per questo e, per il linguaggio diretto da noi usato, il nostro era un teatro popolare.
Il pubblico cresceva di numero ad ogni spettacolo. Dal 1964 al '68 siamo sempre rimasti in testa a tutti gli incassi delle maggiori compagnie italiane, ed eravamo tra quelli che tenevano i prezzi più bassi. [...]
Franca Rame
(testimonianza apparsa su "Le commedie di Dario Fo" - Giulio Einaudi editore, 1975)
(testimonianza apparsa su "Le commedie di Dario Fo" - Giulio Einaudi editore, 1975)
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