All'inizio del 1963, l'Italia occupa una posizione rispettabile, nella Comunità economica europea. Secondo i dati più recenti, la popolazione attiva, cioè la gente che lavora, ammonta a 20 milioni e 267 mila unità, di cui 5 milioni e 907 mila addetti all'agricoltura (29,1 per cento), 8 milioni e 12 mila (39,6 per cento) all'industria e 6 milioni e 348 mila (31,3 per cento) ai servizi.
I disoccupati sono scesi a 725 mila, con un calo medio annuo di 120 mila unità.
Negli anni futuri le cose dovrebbero andar bene, se non meglio. L'ultima relazione "sulle prospettive di sviluppo economico nella Comunità economica europea dal 1960 al 1970" assegna all'Italia il primo posto nell'evoluzione del prodotto nazionale lordo, calcolando che i disoccupati si riducano a 590 mila nel 1965 e a 311 mila nel 1970, tenuto conto dell'incremento democrafico. Il ministro Colombo, da parte sua, prevede che si possa raggiungere la piena occupazione fra il 1973 e il 1975, attraverso la crezione di due milioni di nuovi posti di lavoro nell'industria. E questa stima, egli afferma, "è ragionevolmente fondata, considerando l'attuale ritmo di sviluppo dell'industria italiana".
[...]Livio Pesce
estratto da "Ecco che cosa contiamo in Europa", EPOCA (6 gennaio 1963)
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