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lunedì 30 agosto 2010

(1962) rivista - SETTIMANA RADIO TV (lettere al direttore)

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I MATTATORI DELLA PAROLA
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La coppia dei mattatori di Canzonissima ha tutte le caratteristiche dei partecipanti in lizza per battere il record dell’ora… della parola. […] Chi li capisce è bravo. È tutto un rotolamento di suoni e peccato perché qualche battuta è buona. Ed i signori registi non si preoccupano troppo delle esigenze dell’udito. C’è oggi l’andazzo, per un gran numero di attori e attrici – […] – che recitano a razzo, che abburattano le sillabe, mentre l’attore per eccellenza deve possedere il cosiddetto “nitore del dire”
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Matteo G. (milano)
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.Se non avessi conosciuto il Dario Fo del teatro, da quello delle macchiette […] a quello degli spavaldi e provocanti spettacoli che furono “il dito nell’occhio” e “I sani da legare” e dovessi giudicarlo da quel poco (e confuso) che se ne vede in ‘Canzonissima’, l’impressione sarebbe deludente e non solo per l’abburattamento delle sillabe che lo costringe, sia pure per burla, a farsi “didascalizzare”. Quella che era la virtù unica e inimitabile del mimo Fo, cioè la progressione dialogica così nuova e vitale da giungere a creare atmosfere incantate, emozionando il pubblico con l’aiuto della sola fantasia, negli sketches di ‘Canzonissima’ diviene formuletta tenue come bava di un bruco e si frantuma nell’urto con le necessità massicce d’impostazione del programma che, a dispetto dei voli pindarici che vi si intessono su, si riduce alla presentazione di canzoni belle ma disparate come soggetto, come contenuto, come cronologia. Per cui, mancando persino la possibilità di procedere attraverso un filo conduttore come si faceva nei ‘musicals’ o nelle operette, ‘Canzonissima’ non ha mai la possibilità di creare un’atmosfera qualsiasi, anche di labile impegno: i suoi pretesti si rivelano quanto mai improbabili. Fra l’altro questa volta non è possibile neanche imprecare contro la censura e il conformismo dei dirigenti. Tutti hanno fatto quel che hanno voluto. Si vede che c’era poco da fare. Per consolarmi delle carenze di ‘Canzonissima’ vado a rileggermi allora il teatro comico di Dario Fo, un compendio di spunti spiritosissimi. In una ‘pochade’ a chiave raddoppiata che s’intitola “Non tutti i ladri vengono per nuocere” c’è una battuta, a proposito di un certo equivoco coniugale, che è di un Fo molto più felice di quello che si dibatte davanti ai teleschermi. Nella casa visitata dal ladro (Fo) un signore si trova in compagnia dell’amante. Arriva la moglie ed egli è costretto a presentare il ladro come un suo amico e l’amante come la di lui moglie. Sopravviene tuttavia la vera moglie del ladro e l’adultero deve fabbricare lì per lì una storia di divorzio… “Appunto… si è divorziato… si è risposato… ma poi lo Stato, impugnando il diritto canonico, non ha ritenuto valido il divorzio pur avendo in un primo tempo, impugnando il diritto civile, ritenuto valido il secondo matrimonio… così… così che il poverino si trova ad essere nello stesso tempo bigamo, concubino pubblico peccatore e cattolico osservante…”
.Filippo Raffaelli (4-10 novembre)
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