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giovedì 21 marzo 2013

CANTACRONACHE - Estate 1958

 
Ci proponiamo con "Cantacronache" di illustrare e di affiancare la nostra iniziativa nel campo della canzone.
 
 
 
Non ci siamo mai occupati prima d'ora di musica così detta leggera.   Siamo impegnati in campi più specificatamente culturali, nel romanzo, nella poesia, nella saggistica, nella musica seria, nella pittura, oltre che in più pratiche professioni; abbiamo collettivamente maturato la volontà d'intervenire in questo campo in cui, in Italia, più appariscente e grossolana è l'apologia d'evasione.


 
 
In questo clima sono nate le nostre canzoni; e lo spirito di rottura, la polemica, la implicita dichiarazione di guerra a quel mondo estreneo ed evasivo, sono naturalmente uno dei loro aspetti più appariscenti se non il più tipico.   Perchè ciò che ci proponiamo, al di là della polemica o della rottura, è di "evadere dall'evasione", ritornando a cantare, storie, accadimenti, favole che riguardino la gente nella sua realtà terrena e quotidiana, con le sue vicende sentimentali (serie, più che sdolcinate, comuni più che straordinarie) con le sue lotte, le aspirazioni che la guidano e le ingiustizie che la opprimono, con le cose insomma che la aiutano a vivere od a morire.
 

 
 
E conseguentemente abbiamo scritto queste nostre canzoni in un linguaggio piano e accessibile, in forme metriche tradizionali, in una musica melodica ed immediatamente emotiva (cioè con le armi stesse della canzone d'evasione), ma su questa quotidiana realtà siamo intervenuti non già accettandola e descrivendola naturalisticamente, ma operando su di essa in modo critico o ironico, burlesco o commosso, aggressivo o risentito, o persino drammatico, sì da mettere in luce i suoi nodi, le sue contraddizioni e gli aspetti tipici e rivelatori.
 
 
 
 
Nè importa che vi sia chi, proprio per questo nostro ben manifesto proposito, già ci accusa di populismo, o di tetraggine, o di nuovo conformismo, o di usare simboli inattuali o di essere tardi epigoni di modi francesi o tedeschi, senza per altro lasciarci neppure il tempo di sviluppare i nostri temi ed i nostri motivi.
 
 
 
Siamo ben consapevoli dei pericoli che corriamo e delle difficoltà che ci attendono, ma sappiamo anche che a rompere l'interessata oasi di idiozia e la spessa coltre del conformismo, si indispone non solo chi ha un interesse economico o politico, ma anche chi a quell'oasi si è adeguato ed in quella coltre è stato irretito: e persino chi concepisce in fondo la cultura come aristocrazia prerogativa (manifestazione di élites), cha ha limiti e scopi che non consentono di avventurarsi in regioni considerate inferiori per definizione.   Ma queste difficoltà, questi ostacoli, queste resistenze, non ci spaventano, perchè noi non ci rivolgiamo agli ascoltatori come ad un mercato da conquistare, nè favoriamo la loro pigrizia e la loro stanchezza, nè intorpidiamo i loro cervelli, ma bensì parliamo a loro come a degli uomini, impegnandone le facoltà critiche e l'interesse, rifiutando di deformare ed avvilire il nostro-loro vivere, ma tentando di cantarlo come nella sua molteplicità oggi si manifesta.

 
 
Con questo intendimento di ristabilire, nei limiti che struttura e natura della canzone consentono, un linguaggio più degno ed un contenuto più umano, siamo usciti con le nostre canzoni.   E mentre invitiamo scrittori, poeti, musicisti ad affiancarsi numerosi con musiche e testi nuovi a questa nostra iniziativa, ci rivolgiamo a coloro che ci ascolteranno perchè con il loro consenso, e con il loro critico interessamento, la sorreggano.
 
Jona

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