[…] è innegabile che la vita moderna sta corrompendo la splendida solidità della famiglia. Il mutamento potrebbe ovviamente avere serie conseguenze. Se la famiglia si indebolirà, l’anarchia regnerà forse senza freni? O gli italiani perverranno finalmente all’opportuno rispetto per le pubbliche autorità e le istituzioni? La famiglia non sembra più quello che era un tempo, ovunque, ma soprattutto nei centri industriali del Nord. Naturalmente, il fenomeno è là più percettibile, in quanto il nord si trova più vicino al resto d’Europa ed è quella parte d’Italia in cui la trasformazione della società viene spronata dall’industrializzazione ed al graduale diffondersi del benessere. I settentrionali abitano in minuscoli appartamenti, separati dai parenti da vaste distese di costruzioni in cemento o di strade congestionate, lontani gli uni dagli altri come se risiedessero in distanti regioni. I parenti si rivedono a intervalli sempre più lunghi e alcuni di essi, inevitabilmente, si perdono di vista e si dimenticano. I giovani vogliono la loro indipendenza, con gusti, studi, idee politiche, ambizioni e amici tutti loro, e vogliono vivere lontano dai genitori troppo autoritari. Alcune delle tradizioni antiche vanno scomparendo a poco a poco, o vengono onorate con sorrisi di condiscendenza e d’ironia.
Il divorzio comincia ad essere adottato come una consuetudine dalla classe superiore. Naturalmente la legge ancora non lo contempla e non lo contemplerà mai. Non vi si oppone soltanto la Chiesa, ma la popolazione stessa lo considera giustamente un’istituzione barbara e rovinosa; La necessità di conservare qualche solido baluardo contro l’instabilità delle cose ne impedirà sempre l’adozione. Neppure gli anarchici più sfrenati e i rivoluzionari più terribili hanno osato proporlo in passato. I comunisti, oggi, negano irosamente di prenderlo in considerazione. In fin dei conti, come tutti sanno, lo scopo principale della vita coniugale non è la realizzazione impossibile dei sogni sentimentali dell’adolescenza, né il raggiungimento di un’estasi romantica, né la fusione perfetta di due anime, ma la formazione di una nuova famiglia e il rafforzamento di quelle esistenti. È naturalmente augurabile che marito e moglie siano felici in compagnia l’uno dell’altro, ma non è indispensabile. Una cosa, tuttavia, è imperativa: che, qualora l’uno o l’altro dei coniugi fossero tentati di venir meno all’obbligo della fedeltà, lui, o lei, o entrambi, riescano a condurre le cose in modo tale da non porre in pericolo una struttura permanente e da non rovinare la tranquillità di terzi. I mariti o le mogli che si allontanano segretamente dalla retta via dovrebbero ad ogni costo offrire al compagno ogni opportunità di illudersi. La mancanza di precauzioni (anche di quelle trasparenti), l’abitudine di lasciare dappertutto lettere aperte, o l’impulso adolescente di non mantenere i segreti e di confessare ogni cosa, sono considerate tendenze pericolose che vanno deplorate e represse.
[…]Luigi Barbini (inviato speciale del Corriere della sera)
“The Italians”, 1964
“Gli italiani (virtù e vizi di un popolo)”, Gruner+Jahr/Mondatori S.p.A. – 2010
Allegato alla rivista “FocusStoria” (gennaio 2011)
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