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Diciotto anni, centosettanta centimetri d’altezza, capelli neri, folti, sguardo assente. Colorito infantile. Non ama lo sport, non eccessivamente il jazz, non ama ballare. Questo è Maurizio Pollini, il “fantastico italiano” giunto a Varsavia per sconvolgere ogni pronostico elaborato da critici ed esperti alla vigilia del concorso Chopin.
[…] ha l’aria esausta e irrequieta di chi vive sui nervi e sta per crollare da un momento all’altro. Si rende conto che l’aver vinto il concorso Chopin muterà definitivamente la sua carriera gia iniziata.
Entriamo nel ristorante dell’albergo e ci sediamo a un tavolo. La gente lo guarda e lo riconosce (si calcola che l’ottanta per cento di polacchi abbia seguito il concorso alla radio o alla televisione). Anche i camerieri di solito restii a reagire alle legittime pretese dei clienti, hanno un inatteso sussulto. […]
“Il più grande complimento me l’ha fatto Rubinstein quando ha detto che avevo più tecnica di lui e che lo avevo colpito per la mia maturità. È stato molto gentile. La sua interpretazione di Chopin risponde ai miei ideali, ma Rubinstein non possiede la tecnica di Horowitz o Michelangeli. Michelangeli lo conosco bene, ho avuto tre lezioni da lui .“[…]
Pollini parla molto lentamente, calibrando ogni parola. È molto diplomatico nei suoi giudizi. Programmi per il futuro non ne ha ancora fatti. […] Finora ha accettato solo di suonare al Concerto Chopin dell’Unesco a Parigi. Tra i polacchi Pollini ha scatenato un vero entusiasmo. Entusiasmo per il suo talento, e sorpresa per le sue qualità di chopinista, finora considerate monopolio dei pianisti polacchi o di origine polacca. È la prima volta nella storia del Concorso che la decisione della giuria viene accolta favorevolmente dal pubblico unanime. A dire il vero molti speravano in una vittoria di Pollini, ma nessuno credeva che ce l’avrebbe fatta contro i quattro russi entrati in finale insieme a lui. Il più serio tra i critici musicali, Jerzy Broszkiewicz, termina il suo articolo su Pollini con una frase che rispecchia l’opinione di tutti i polacchi: “Chapeau bas!”, leviamoci il cappello!
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Jas Gawronski
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Estratto da “EPOCA” – 27 marzo
[…] ha l’aria esausta e irrequieta di chi vive sui nervi e sta per crollare da un momento all’altro. Si rende conto che l’aver vinto il concorso Chopin muterà definitivamente la sua carriera gia iniziata.
Entriamo nel ristorante dell’albergo e ci sediamo a un tavolo. La gente lo guarda e lo riconosce (si calcola che l’ottanta per cento di polacchi abbia seguito il concorso alla radio o alla televisione). Anche i camerieri di solito restii a reagire alle legittime pretese dei clienti, hanno un inatteso sussulto. […]
“Il più grande complimento me l’ha fatto Rubinstein quando ha detto che avevo più tecnica di lui e che lo avevo colpito per la mia maturità. È stato molto gentile. La sua interpretazione di Chopin risponde ai miei ideali, ma Rubinstein non possiede la tecnica di Horowitz o Michelangeli. Michelangeli lo conosco bene, ho avuto tre lezioni da lui .“[…]
Pollini parla molto lentamente, calibrando ogni parola. È molto diplomatico nei suoi giudizi. Programmi per il futuro non ne ha ancora fatti. […] Finora ha accettato solo di suonare al Concerto Chopin dell’Unesco a Parigi. Tra i polacchi Pollini ha scatenato un vero entusiasmo. Entusiasmo per il suo talento, e sorpresa per le sue qualità di chopinista, finora considerate monopolio dei pianisti polacchi o di origine polacca. È la prima volta nella storia del Concorso che la decisione della giuria viene accolta favorevolmente dal pubblico unanime. A dire il vero molti speravano in una vittoria di Pollini, ma nessuno credeva che ce l’avrebbe fatta contro i quattro russi entrati in finale insieme a lui. Il più serio tra i critici musicali, Jerzy Broszkiewicz, termina il suo articolo su Pollini con una frase che rispecchia l’opinione di tutti i polacchi: “Chapeau bas!”, leviamoci il cappello!
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Jas Gawronski
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Estratto da “EPOCA” – 27 marzo
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perfetto.. il breve articolo!!! bravo!
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