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La mattina del 4 luglio si è svolto davanti ai giudici della IV Sezione del Tribunale di Milano un processo letterario che è destinato, per aver messo in discussione un'opera tra le più caratteristiche della nostra moderna letteratura, ad avere largo eco negli ambienti intellettuali del paese. Sotto l'accusa di aver perseguito fini di lucro con un libro di contenuto osceno, erano stati citati davanti al Tribunale lo scrittore Pier Paolo Pasolini e l'editore Garzanti. La cosa non aveva mancato di stupire gli esperti di cose letterarie sia perchè era a conoscenza di tutti che, a parte i classici, molti libri di letteratura contemporanea italiani e stranieri contengono pagine ben più ardite di quelle di "Ragazzi di vita"; ma anche perchè con il suo fortunatissimo libro lo scrittore veneto-romagnolo aveva ottenuto uno dei più ambiti premi italiani, il "Colombi Guidotti", premio che è concesso da critici di grande fama, il cui presidente è Giuseppe De Robertis, docente di letteratura italiana all'Ateneo Fiorentino.
Il Presidente del Tribunale dott. Maramotti ha interrogato a lungo Pier Paolo Pasolini il quale con termini precisi e un notevole "excursus" culturale ha spiegato con chiarezza la sua posizione di scrittore militante, le sue ambizioni, i suoi propositi d'artista. Alla domanda del Presidente: "Vuol parlarci delle ragioni che l'hanno spinta a scrivere 'Ragazzi di vita'?" Pasolini ha risposto: "Il discorso sarebbe molto lungo... difficile... Dirò in breve che ci sono ragioni pratiche, occasionali oltre alle naturali ragioni estetiche. Sono vissuto per quasi tre anni a Ponte Mammolo, una delle borgate di cui si parla nel libro. Venivo dal Nord, ed ero rimasto profondamente scosso dalla diversità delle condizioni di vita: miseria, diseducazione, violenza. Così scosso che ho sentito l'assoluto bisogno di darne testimonianza". [...]
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estratto da L' ILLUSTRAZIONE ITALIANA - agosto)
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