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mercoledì 18 agosto 2010

(1962) rivista - TEMPO (1 dicembre)

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L’UNIVERSITÁ NON È PIÚ UN LUSSO
La decisione di corrispondere un pre-salario agli studenti non abbienti permetterà al Paese di rinvigorire, con nuove intelligenze, la sua classe dirigente.
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[…] si dispone, a partire dall’anno accademico appena iniziato, la corresponsione di un assegno mensile di lire 30 mila a tutti gli studenti non abbienti che risiedano in località da cui non si può accedere giornalmente alla sede universitaria, e di lire 15 mila mensili a quegli studenti, nelle stesse condizioni economiche, che risiedano invece in località da cui possono accedere all’Università. Con lo stesso provvedimento si stabilisce che gli studenti di non agiata condizione, siano dispensati, a partire dall’anno accademico 1963-1964, dal pagamento delle tasse, sopratasse e contributi di ogni genere alle Università.
Il provvedimento risponde all’interrogativo circa il fabbisogno di personale tecnico e direttivo per i prossimi anni, in rapporto alla espansione produttiva italiana. Da uno studio statistico, […] sappiamo che nel 1975 le nostre strutture produttive avranno bisogno complessivamente di oltre due milioni e mezzo di tecnici superiori e dirigenti contro i 500 mila impiegati nel 1960.
La istituzione del pre-salario tende ad avviare agli studi universitari il maggior numero possibile di diplomati e di licenziati dalla scuola media superiore. I rilievi statistici più recenti sono ancora sconfortanti: su 1000 giovani iscritti alla prima elementare solo 639 conseguono la licenza e di essi solo 380 si iscrivono alla media inferiore; proseguendo nel cammino scolastico soltanto 271 conseguono la licenza media inferiore e di essi solo 202 si iscrivono alla media superiore. Dei 132 diplomati o licenziati solo67 si iscrivono all’Università e, con una nuova falcidia, solo32 giungono alla laurea. Il provvedimento tende, con effetto immediato, a recuperare i 35 studenti che si disperdono durante i corsi universitari e a far sì che le leve scolastiche future forniscano un quoziente assai superiore al 67 per mille ai corsi universitari.
La possibilità di mantenersi, sia pur con spartani sacrifici, agli studi, farà sì che molti giovani si indirizzino alle facoltà tecniche e scientifiche fino ad oggi scartate da una parte degli studenti che dovevano cercarsi un lavoro per proseguire negli studi e che, quindi, si dirigevano a quelle facoltà per le quali non era necessaria la frequenza dei corsi. […]
.U.d.F.
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