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Nei trenta long playing di questa collana, attraverso trecentosessanta canzoni si sono consumate vita, gloria e sconfitte, ricchezza e miserie di un centinaio di cantanti, di decine di orchestre e orchestrali, di compositori, parolieri e direttori d’orchestra. Dai tempi in cui le Lescano intonavano con vocette acuta la loro “Oh! Ma-ma” a quelli in cui Vittoria Mongardi riesce a superare nei toni bassi Luciano Tajoli, sono trascorsi appena dieci anni, ma per il mondo della musica leggera italiana è come se gli fosse rotolato addosso un secolo.
Eppure nessuno se n’era accorto: gli anni della guerra, poi quelli della ricostruzione, giorni che sembravano non aver fine per quelli che li hanno vissuti, avevano esorcizzato il tempo creando l’effetto di un curioso gioco di specchi. La canzone vi si era riflessa, tanto da superare apparentemente indenne e immutabile ogni prova, ultima quella del confronto diretto con i ritmi esotici. Sembrava ritornelli, serenate, cantanti, compositori, orchestre che, tra gli applausi del pubblico, avrebbero seguita, perfezionandola, la strada di prima.
Non era stata forse la buona, vecchia canzone confezionata con estro artigianale a compiere il miracolo di triplicare gli ascoltatori della radio? Si marciava ormai verso il traguardo dei quattro milioni di famiglie, dei venti milioni di ascoltatori incollati davanti alla reticella scrittori del calibro di Zavattini, Marotta, Guareschi e persino un poeta, Pasquale Rocco, disposti a rischiare la propria reputazione pur d’intessere panegirici sulle modeste pagine dei “canzonieri”, acconsentendo ad accostare i loro componenti alle sgrammaticate biografie dei cantanti alla moda?
Scriveva Zavattini: “Dirò una cosa molto sorprendente: le canzonette eccitano la mia immaginazione. Quando ascolto che il misterioso caballero Don Ramon s’innamorò della bella Conception, vi prego di credermi, io non vedo una pampa qualsiasi, ma una pampa con certa terra certo cielo certa erba che sono molto belli e poi se non riesco a riprodurli in un quadro o in una prosa la colpa non è della canzonetta, ma mia”.
E scriveva Marotta: “Io nel mio funerale ci voglio proprio una musica di “posteggiatori”: mi seguano, come mi hanno preceduto, le canzonette. Quando sarò calato lentamente nella buca, esplodano le note furiose, rampanti di “Funiculì, funiculà”.
Su quelle paginette oggi ingiallite che videro la luce alla fine degli anni Quaranta, soltanto Mosca sembrò avvertire i primi segni della crisi che sarebbe esplosa puntualmente allo scroccare degli anni Cinquanta, aprendo un decennio di assoluto disorientamento artistico, un’epoca d’ombre in cui sarebbero state travolte certezze che sembravano incrollabili e in cui i vecchi compositori sarebbero scomparsi per lasciar posto al nulla, le orchestre e gli orchestrali si sarebbero dispersi, le voci autentiche sarebbero diventate introvabili, le scuole – quella torinese e quella milanese - si sarebbero inaridite per lasciar sopravvivere di espedienti per una breve stagione soltanto quella napoletana. [...]
Eppure nessuno se n’era accorto: gli anni della guerra, poi quelli della ricostruzione, giorni che sembravano non aver fine per quelli che li hanno vissuti, avevano esorcizzato il tempo creando l’effetto di un curioso gioco di specchi. La canzone vi si era riflessa, tanto da superare apparentemente indenne e immutabile ogni prova, ultima quella del confronto diretto con i ritmi esotici. Sembrava ritornelli, serenate, cantanti, compositori, orchestre che, tra gli applausi del pubblico, avrebbero seguita, perfezionandola, la strada di prima.
Non era stata forse la buona, vecchia canzone confezionata con estro artigianale a compiere il miracolo di triplicare gli ascoltatori della radio? Si marciava ormai verso il traguardo dei quattro milioni di famiglie, dei venti milioni di ascoltatori incollati davanti alla reticella scrittori del calibro di Zavattini, Marotta, Guareschi e persino un poeta, Pasquale Rocco, disposti a rischiare la propria reputazione pur d’intessere panegirici sulle modeste pagine dei “canzonieri”, acconsentendo ad accostare i loro componenti alle sgrammaticate biografie dei cantanti alla moda?
Scriveva Zavattini: “Dirò una cosa molto sorprendente: le canzonette eccitano la mia immaginazione. Quando ascolto che il misterioso caballero Don Ramon s’innamorò della bella Conception, vi prego di credermi, io non vedo una pampa qualsiasi, ma una pampa con certa terra certo cielo certa erba che sono molto belli e poi se non riesco a riprodurli in un quadro o in una prosa la colpa non è della canzonetta, ma mia”.
E scriveva Marotta: “Io nel mio funerale ci voglio proprio una musica di “posteggiatori”: mi seguano, come mi hanno preceduto, le canzonette. Quando sarò calato lentamente nella buca, esplodano le note furiose, rampanti di “Funiculì, funiculà”.
Su quelle paginette oggi ingiallite che videro la luce alla fine degli anni Quaranta, soltanto Mosca sembrò avvertire i primi segni della crisi che sarebbe esplosa puntualmente allo scroccare degli anni Cinquanta, aprendo un decennio di assoluto disorientamento artistico, un’epoca d’ombre in cui sarebbero state travolte certezze che sembravano incrollabili e in cui i vecchi compositori sarebbero scomparsi per lasciar posto al nulla, le orchestre e gli orchestrali si sarebbero dispersi, le voci autentiche sarebbero diventate introvabili, le scuole – quella torinese e quella milanese - si sarebbero inaridite per lasciar sopravvivere di espedienti per una breve stagione soltanto quella napoletana. [...]
B.G. Lingua
.dalla "cover" del disco
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Lato a) 1950
- Tino Vailati, Radio Boys & Quartetto Stars (orch. Gallino) - Ogni finestra, una canzone (c.a.rossi-giannantonio)
- Clara Jaione (orch. Fragna) - Arrivano i nostri (fragna-rastelli)
- Quartetto Cetra (orch. Savona) - Dimmi un pò Sinatra (trovajoli-giacobetti)
- Tino Vailati (orch. Farnese) - Anina e corpo (body and soul) (green-calibi)
- Luciano Tajoli (orch. Maraviglia) - Senza più serenate (bixio-galdieri)
- Vittorio Paltrinieri & Gloria Dauro (orch. Fonit) - Che bel fiulin (rastelli-panzuti)
- Achille Togliani (orch. Angelini) - Varsavia beguine (bassi-testoni)
- Elena Beltrami (orch. Barzizza) - Mi sento tua (d'anzi-amendola-maccari)
- Teddy Reno (orch. Quirinetta) - Trieste mia (viezzoli-cicero)
- Duo Fasano (orch. Angelini) - Pioggerella (gaze-mari)
- Claudio Villa (orch. Claire) - Rosso di sera (concina-manlio)
- Vittorio Mongardi (orch. Cergoli) - Sapevi di mentire (otto-bertini)
cover (cetra - LCR 3030- 1981)
http://www.mediafire.com/?t6bkga5kpo5kq2x
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cetra - LCR 3030- 1981
http://www.mediafire.com/?hes8bj56jbei7d1
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